IL TRIBUNALE DI MILANO 
 
    Letti gli atti dell'emarginato processo a carico di V.M., nato  a
Reggio Calabria il 3 novembre 1945, elettivamente domiciliato  presso
l'avv. Giuseppe  Fornari  del  Foro  di  Milano,  difeso  di  fiducia
dall'avv. Giuseppe Fornari, con studio in Milano, via  Chiossetto  n.
18, pronuncia la seguente ordinanza. 
    V.M. e' accusato, nella sua  qualita'  di  legale  rappresentante
della Studio Staff s.n.c. del dott.  Mario  Verduci  &  C,  di  avere
omesso il versamento  dell'IVA  risultante  dalla  dichiarazione  per
l'anno 2008 in ragione  di  euro  67.878,00,  entro  il  termine  (27
dicembre 2009) di versamento  dell'acconto  relativo  al  periodo  di
imposta successivo. 
    Dal capo di imputazione e dagli atti contenuti nel fascicolo  del
dibattimento  (avviso  di  irregolarita'  emesso  dall'Agenzia  delle
entrate in data 14 settembre 2011 e dichiarazione dei  redditi  2009)
emerge, dal punto di vista oggettivo, il superamento della soglia  di
penale rilevanza pari ad euro 50.000 prevista, in relazione  all'art.
10-bis del  decreto  legislativo  n.  74/2000,  dal  successivo  art.
10-ter. 
    La difesa, in  assenza  di  questioni  preliminari,  ha  eccepito
l'illegittimita' costituzionale della norma, per violazione dell'art.
3 della Costituzione, sotto il profilo  della  irragionevolezza,  per
l'ingiustificato trattamento deteriore dalla stessa previsto rispetto
alle piu' gravi ipotesi di cui agli  articoli  4  e  5  dello  stesso
decreto, nella formulazione  anteriore  al  decreto-legge  13  agosto
2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148. 
    L'eccezione proposta dalla difesa appare rilevante, in quanto dal
suo accoglimento potrebbe derivare il proscioglimento  dell'imputato,
e non manifestamente infondata. 
    Infatti, prima della modifica  introdotta  dal  decreto-legge  n.
138/2011 che ha ridotto le soglie di punibilita' ad euro 50.000,00  e
ad euro 30.000,00, gli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 74/2000
prevedevano rispettivamente che la dichiarazione infedele e  l'omessa
dichiarazione fossero punibili solo con il superamento  della  soglia
stabilita rispettivamente in euro 103.291,00 e in euro  77.468,00  di
imposta evasa. 
    In applicazione della  predetta  normativa  quindi  se  l'odierno
imputato, invece di presentare regolarmente la  dichiarazione  IVA  e
non versare l'imposta dovuta in base ad essa (euro 67.878,00), avesse
omesso di presentare la relativa dichiarazione  o  avesse  presentato
una dichiarazione infedele, non avrebbe commesso alcun reato; infatti
il delitto di omessa presentazione della dichiarazione prevedeva, con
riferimento all'anno d'imposta 2008, una soglia di  penale  rilevanza
pari ad euro  77,468  e  quello  di  dichiarazione  infedele  per  il
medesimo anno d'imposta una soglia di penale rilevanza pari  ad  euro
103,291,00 (le attuali inferiori soglie di punibilita'  sono,  com'e'
noto, applicabili solo ai fatti commessi  dopo  l'entrata  in  vigore
della legge di conversione del decreto-legge n. 138/2011). 
    Da cio' consegue che, con riferimento  all'anno  d'imposta  2008,
l'omissione  della  presentazione  della  dichiarazione  IVA   o   la
presentazione di una dichiarazione infedele  con  evasione  d'imposta
per  l'ammontare  di  cui  all'odierna  imputazione,  condotte   piu'
insidiose e che presentano maggiori difficolta' di accertamento,  non
sarebbe stata punita, contrariamente  a  quella,  evidentemente  piu'
trasparente dell'imputato che, rappresentando regolarmente la propria
posizione fiscale, ha omesso il versamento dell'importo dichiarato. 
    La convenienza, per l'agente e relativamente all'anno di  imposta
2008, di omettere la dichiarazione o di presentarla in modo  infedele
(quando l'imposta evasa fosse superiore ad euro 50.000, ma  inferiore
rispettivamente ad euro 77.468  e  ad  euro  103,291)  piuttosto  che
presentarla regolarmente e  non  provvedere  al  pagamento  dell'IVA,
introduce un  trattamento  discriminatorio  e  in  contrasto  con  il
principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della  Costituzione.  Si
tratta di una irragionevolezza che non puo' essere  giustificata  con
la discrezionalita' del legislatore, che infatti e'  poi  intervenuto
con il decreto-legge n. 138/2011 per ridurre i  limiti  di  rilevanza
penale  degli  artt.  4  e  5  del  decreto  legislativo  n.  74/2000
rispettivamente ad euro 50.000,00 e ad euro 30.000,00. 
    Appare, in definitiva, necessario il vaglio di  costituzionalita'
della norma oggi in contestazione nell'ipotesi in cui, come nel  caso
di specie, l'IVA non versata non sia superiore ai limiti di rilevanza
penale previsti dagli artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 74/2000,
nella formulazione anteriore al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148.